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MOVIMENTO PER L'ABOLIZIONE DELLA LEVA OBBLIGATORIA MILITARE E CIVILE |
ll nostro è un Movimento indipendente da qualunque partito ed
orientamento politico nato esclusivamente per raggiungere l’abolizione
della leva obbligatoria. Il nostro unico scopo è quello di abolire
l’obbligo di prestare servizio militare o civile, e rimuovere tutte le
discriminazioni a carico di chi non abbia svolto questi servizi.
Ogni anno oltre 250mila giovani sono costretti a rinunciare a 10
mesi di vita per svolgere un servizio che il nostro Movimento considera
oramai ingiusto ed inutile, se non addirittura dannoso.
Non è giusto perché riteniamo che lo Stato non possa
arbitrariamente e sistematicamente obbligare i suoi cittadini a prestare
un servizio, armato o disarmato, contro la loro volontà. Nel caso
del servizio militare già la legge sull’obiezione di coscienza,
riconosce che non si possono costringere le persone a questo tipo di "servizio"
contro la loro stessa coscienza; nel caso del servizio civile riteniamo
che non si possano imporre con la forza la solidarietà ed il "volontariato".
Il sistema attuale di leva non è neanche utile, se mai lo
è stato, perché un esercito di leva non risponde certo alle
moderne esigenze di difesa; né può essere utile alla società
nel suo complesso sfruttare la manodopera coatta sottopagata degli obiettori
di coscienza costringendoli a ritardare l’immissione nel mondo del lavoro.
Questa forma di corvée feudale svilisce il significato stesso del
volontariato e sottrae posti di lavoro, oltre a mettere in pericolo i diritti
e le conquiste sindacali.
Viviamo ormai in un contesto sociale, politico ed economico completamente
diverso rispetto a quello in cui fu istituita la leva obbligatoria. Non
solo non esiste più nessuna minaccia di invasioni imminenti, ma
nella società in cui viviamo e con la globalizzazione dell’economia
non possiamo più neppure permetterci di sottrarre ai nostri giovani
10 mesi di studio, di lavoro, di specializzazione professionale.
Il servizio di leva, oltre a privare il giovane del diritto a decidere
sulla propria vita ed a condizionarne pesantemente il diritto allo studio
ed all’accesso al lavoro, mette a repentaglio la sua serenità e
la sua sicurezza personale.
L’attuale sistema di servizio civile imposto agli obiettori di coscienza,
così come la leva maschile, è inoltre una forma di discriminazione
sessista, alla quale ci opponiamo strenuamente, e non è certo con
l’estensione alle donne di questa ingiustizia e di questa perdita di tempo
che si potrebbe riparare al danno. Noi consideriamo comunque inaccettabile
che la legge discrimini in base al sesso per stabilire i diritti ed i doveri
di una persona.
Riteniamo in definitiva il servizio di leva obbligatorio anacronistico
e ingiustificato, incompatibile con il diritto alla libertà personale,
il diritto alla sicurezza personale ed il diritto all’uguaglianza senza
distinzioni di sesso, sanciti dalla Costituzione Italiana, dai trattati
internazionali e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Non sarà certo il nostro Movimento a trovare la migliore soluzione
al problema della difesa nazionale. Probabilmente ciascun modello di difesa
ha i suoi vantaggi ed i suoi difetti. La leva obbligatoria però
è una violazione dei diritti umani, per di più anacronistica,
inutile e controproducente. Dato che l’esercito di leva non è efficiente
né moderno, la tendenza mondiale è verso l’abolizione della
leva obbligatoria e la sua sostituzione con un esercito su base volontaria.
Quasi tutti gli stati europei hanno già seguito questa strada.
L’esercito professionista è soltanto una delle possibili
soluzioni. Alcuni temono che esso possa portare a colpi di stato, ma l’esperienza
storica insegna proprio il contrario: i "golpe" appaiono più frequenti
proprio nei paesi dove la leva è, o era, obbligatoria (es. Spagna,
Grecia, Turchia etc.). In Gran Bretagna e negli Stati Uniti l’esercito
è su base volontaria da anni e non vi sono stati tentativi di colpi
di stato. Altri temono eccessi di rambismo, ma essi dipendono casomai dai
modi di addestramento dei militari e non certo da quelli di arruolamento.
Ma vi sono anche altri modelli, come ad esempio quello francese (dove il
cittadino può scegliere fra servizio militare, servizio civile e
nessuno dei due) o la difesa popolare non violenta, che crediamo sia giusto
esaminare ed eventualmente sperimentare. C’è perfino chi vuole abolire
del tutto l’esercito. Né giusta Né utile ha come unico obiettivo
l’abolizione della leva e su questo è possibile convenire anche
partendo da posizioni assai diverse e per diversi motivi.
Un ripensamento del modello di difesa potrebbe portare benefici oltre che ai cittadini anche ai militari. Ad esempio, passare ad un arruolamento volontario e ad un modello di difesa che non veda coinvolti tutti i cittadini maschi nella struttura delle Forze Armate potrebbe essere un modo di restituire efficienza a questa istituzione e dignità a chi sceglie liberamente di dedicare una parte della propria vita ad un compito così impegnativo. Chi è a favore dell’esercito di volontari nota anche che tale sistema è quello in vigore nella maggioranza dei paesi aderenti alla NATO, l’alleanza di cui l’Italia fa parte. Adeguarsi allo standard della NATO non ci sembrerebbe certo un modo per danneggiare le Forze Armate.
Obiezione di coscienza e servizio civile non sono assolutamente la stessa
cosa. Imponendo un servizio agli obiettori di coscienza lo stato abusa
dei suoi poteri e per di più delega enti ed associazioni private
ad esercitarli. Il servizio civile è un obbligo che lo stato impone
a chi fa un’obiezione di coscienza al servizio militare in modo da poter
mantenere la coscrizione obbligatoria per tutti. Del resto, ai medici che
facendo obiezione di coscienza rifiutano di praticare aborti non viene
certamente imposto di svolgere la raccolta differenziata dei rifiuti o
di prestare servizio presso qualche circolo o associazione.
Noi riteniamo che costringere le persone a fare volontariato sia
profondamente diseducativo e controproducente, oltre che essere una violazione
della libertà di associazione: "nessuno può essere costretto
a far parte di un’associazione", come sancito anche dall’art. 20 comma
2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tale servizio è
ancor più inaccettabile se si configura come una forma di lavoro
coatto.
Questa forma di corvée feudale ha anche pesanti ricadute
sull’occupazione, dato che già adesso 50.000 obiettori occupano
quasi ovunque dei possibili posti di lavoro o comunque disincentivano nuove
assunzioni. Inoltre la mancanza di tutela sindacale delle persone obbligate
a questo servizio rende più difficili i rapporti con i lavoratori
dello stesso ente e fa nel complesso regredire i diritti e le conquiste
sindacali. Basti pensare che chi è sottoposto al servizio civile
non solo lavora praticamente senza stipendio ma non ha neppure diritto
di sciopero.
Qualcuno pensa che il servizio civile possa essere una opportunità
di lavoro e di formazione professionale per i giovani: in tal caso è
inammissibile che si possa essere costretti a lavorare praticamente gratis
e per un datore di lavoro che non si è scelto. In ogni caso un simile
servizio dovrebbe essere adeguatamente retribuito, come previsto dall’art.
36 della Costituzione e dall’art 23 della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani.
Come per il servizio militare, non è neanche economicamente
vantaggioso per la società nel suo complesso ritardare ulteriormente
l’immissione nel mondo del lavoro dei giovani o interrompere i loro studi,
né lo è costringere, ad esempio, un ingegnere a fare la tombola
in un ospizio o un medico a riordinare una biblioteca. Tutto questo mentre
i giovani del resto d'Europa, dove la leva non esiste quasi più,
possono continuare a studiare o cercare un lavoro, magari in Italia.
È immorale paragonare il volontariato, espressione della società
civile, con un servizio imposto con la forza dallo Stato. Non si può
parlare di libera scelta quando l’alternativa è il carcere. Attualmente,
infatti, un giovane cittadino italiano di sesso maschile in buona salute
ha di fronte a sé le seguenti opzioni: il servizio militare, il
servizio civile, il carcere. Il fatto che la meno gravosa delle tre opzioni
stia ottenendo un numero sempre maggiore di preferenze, non deve stupire.
Il servizio civile potrà anche essere un’esperienza formativa
per qualcuno, ma se gli obiettori potessero veramente scegliere, pensiamo
che ben pochi resterebbero in servizio all’ente cui sono stati assegnati.
Chi è desideroso di fare del volontariato non ha certo bisogno di
essere obbligato. Quanto agli altri, non ci sembra il caso di costringerli
con la minaccia del carcere.
L’introduzione di riforme che rendano più vivibile il servizio
civile, o quello militare, non intacca la vessazione insita nella logica
coercitiva della coscrizione. Gli obiettori di coscienza, così come
i militari, continueranno ad essere privati della loro libertà e
a subire ordini, vessazioni e punizioni. Poco importa se proverranno da
una persona in divisa o in abiti civili.
Qualunque riforma che aumenti il numero delle persone sottoposte
al servizio civile, rendendo più razionale e vantaggioso il loro
sfruttamento e allargando i loro campi di impiego, non fa che portare ad
un ulteriore radicamento di un sistema iniquo ed allontana il giorno dell’abolizione
di ogni forma di coscrizione, militare o civile.
Chi fa obiezione di coscienza sia al servizio militare sia al servizio
civile attua una forma di protesta non violenta estrema, la disobbedienza
civile; queste persone si autodenunciano e sono pronte ad andare in carcere
per esprimere il proprio dissenso contro una legge ingiusta. Si tratta
di una scelta individuale, coraggiosa e rispettabile. Forme di disobbedienza
civile collettiva indubbiamente costringerebbero un immediato ripensamento
del modello di difesa ed una abolizione della leva obbligatoria.
Anche noi vogliamo cambiare la legge, ma non incitiamo nessuno a
violarla. Chiediamo l’abolizione dell’obbligo di prestare servizio militare
e di conseguenza la reintegrazione degli obiettori di coscienza in tutti
i loro diritti, la cancellazione dei reati connessi al rifiuto degli obblighi
di leva e la liberazione e riabilitazione degli obiettori totali.
NON RITENETE CHE LE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO SARANNO DANNEGGIATE DALLA VOSTRA INIZIATIVA? Le associazioni di volontariato potrebbero avere qualche carenza di organico nel breve periodo, ma alla fine l’abolizione del "volontariato" coatto regolato dallo Stato sarà un grande beneficio per l’associazionismo, che tornerà ad essere volontario e indipendente, ritrovando così gli ideali che dovrebbero essere alla base della sua azione. Vi sono del resto moltissime associazioni che hanno sempre funzionato e continuano a funzionare benissimo senza prendere al proprio servizio nessun obiettore di coscienza.
Incoraggiare non vuol dire obbligare. La solidarietà può essere incoraggiata con sgravi fiscali, agevolazioni varie ed altre forme di incentivazione. Nessuno può essere costretto a fare volontariato. Se il servizio civile fosse puramente volontario noi non avremmo opposizioni al riguardo. Inoltre è davvero inammissibile che siano considerati volontariato e solidarietà solo quelli espletati nel servizio civile obbligatorio: non solo è una soluzione statalista, ma ci sono anche molti giovani che già svolgono del vero volontariato anche a prescindere dal servizio civile, ed è del tutto assurdo obbligarli a fare quello che già hanno fatto o stanno facendo volontariamente.
Certo. Lo Stato ha il diritto di pretendere il pagamento delle tasse,
il rispetto della legge ed altri comportamenti. Qui però stiamo
parlando di privare migliaia di cittadini della libertà personale.
Un diritto del genere dovrebbe essere riservato a casi di emergenza nazionale,
proprio come l’eventualità di un attacco armato al paese, che è
l’unica giustificazione all’obbligo di prestare il servizio militare. Stiamo
invece assistendo ad un abuso di questo potere dello Stato sul cittadino,
dato che non vi è nessuna emergenza imprevista alla quale lo Stato
non avrebbe potuto e dovuto provvedere senza il ricorso a forme di coercizione.
L’esercito di leva non è più ritenuto il migliore
modello per la difesa nazionale, come dimostrano le numerose proposte di
riforma. Il servizio civile, pur essendo di pubblica utilità, non
è altro che quel genere di lavoro al quale lo stato sociale avrebbe
dovuto provvedere nella sua normale amministrazione (assistenza, protezione
civile etc.). Ciò non ha niente a che fare con circostanze eccezionali
ed emergenze tali da giustificare simili pesantissimi sacrifici della libertà
personale dei cittadini. Lo Stato abbassa i costi dello stato sociale ricorrendo
a forme di lavoro forzato. Probabilmente è uno stratagemma efficace,
ma noi riteniamo che uno Stato che risparmia i soldi della collettività
ricorrendo al lavoro forzato di alcuni membri di essa stia abusando del
suo potere e non stia facendo l’interesse pubblico. Del resto, se ci si
fosse limitati a considerazioni economiche sul costo della manodopera,
non sarebbe mai stata abolita neanche la schiavitù.
Sì, la Costituzione dice che ogni cittadino deve difendere la
Patria, e questo obbligo riguarda tutti i cittadini, che in caso di un
attacco armato dovrebbero difendere in vari modi l’indipendenza del nostro
Paese. E’ soltanto in funzione di un dovere così importante ed in
previsione di eventi così eccezionali che la Costituzione giustifica
l’autonomo obbligo di prestare servizio militare ed il pesantissimo sacrificio
della libertà personale che esso comporta.
Oggi però non esiste più il rischio di attacchi imminenti,
ed in ogni caso l’esercito di leva non è più reputato idoneo
alle moderne esigenze di difesa. Secondo noi è anzi il modo peggiore
di difendere la Patria, perché pone dei vincoli ingiustificati alla
libertà di decine di migliaia di persone ogni anno: per questo motivo
chiediamo che l’obbligo di prestare il servizio militare sia abolito, reputando
insufficienti i pur necessari ed auspicabili limiti che ad esso vengono
progressivamente apposti.
Certamente non si può poi considerare il servizio civile
un "modo" di adempiere il servizio militare, come si ostinano a sostenere
la classe politica ed il Parlamento, né un modo di difendere la
Patria dalle invasioni o da attacchi armati. Ciò è palesemente
assurdo sia sul piano logico che su quello giuridico, infatti l’attività
svolta dagli obiettori di coscienza è "di natura profondamente
diversa" come ha chiarito anche la Corte Costituzionale. "Più
che all’ottica dei ‘modi’, è all’ottica dei ‘limiti’ che deve ricondursi
il discorso sul servizio civile": la stessa Corte ha chiarito che gli
obiettori non fanno parte delle Forze Armate.
Il servizio civile è un obbligo autonomo che il Parlamento
impone agli obiettori di coscienza nel momento in cui riconosce il loro
diritto di non prestare il servizio militare, ma è inaccettabile
che attraverso una norma costituzionale che parla di difesa della Patria
si cerchi di rendere obbligatorio un servizio che non ha niente a che vedere
con la leva militare e le gravissime ed eccezionali circostanze che la
giustificano.
Nel momento in cui il fenomeno dell’obiezione di coscienza non è
più marginale e minoritario e si riconosce il diritto di scegliere
tra le due forme di servizio, si pone in essere (di fatto anche se non
di diritto) una ingiustificabile inversione della regola, trasformando
l’obbligo di prestare il servizio militare in un obbligo di passare 10
mesi agli ordini dello stato per finalità disparate che certo non
rientrano nell’art. 52 della Costituzione.
In definitiva l’obbligatorietà del servizio militare, se
mai ha avuto una sua utilità, è ormai un inammissibile abuso:
è una arbitraria ed ingiustificabile violazione dei diritti e della
libertà dei cittadini.
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